Thursday, August 18, 2011

Sunday, July 06, 2008

Sunday, June 22, 2008

Saturday, April 19, 2008

OCCHICHIUSI

OCCHICHIUSI

OCCHICHIUSI - ISTRUZIONI PER L'USO

Wednesday, April 02, 2008

Sunday, February 17, 2008

Sunday, December 30, 2007

L'inizio di una storia. (ma proprio l'inizio)

In primavera c’era sempre una gran confusione di domenica, in paese. Col primo sole che ancora non scaldava ma spruzzava freschezza. Tutta la gente sembrava più limpida, forse per quel vento di marzo che colorava il viso di rosso e lasciava i capelli sciolti più vivi, fuori dai quei cappelli, cappucci, vestiti ingombranti che coprivano fino al collo. In centro al paese c’era la fontana che giocava con quella nuova luce e schizzava le sue gocce sui più pensierosi. Ai lati, due panchine verdi che erano lì ormai da decenni, in ferro battuto, che durante la settimana accoglievano, con quell’umiltà che è unica delle panchine, i culi dei più anziani o i piedi dei più giovani. Sempre la stessa visuale, sempre gli stessi movimenti. Una volta era capitato però, che una donna, bellissima, con delle gambe affusolate fatte di marmo, si dovesse sistemare le scarpe e allora le appoggiava sul bordo della panchina, e allora lei, la panchina, poteva solo piangere di gioia a quella vista. Avrebbe voluto stringerla con quelle braccia di ferro, fredde, ma l’avrebbe fatto con la delicatezza di una foglia. Niente, doveva stare lì, ferma, solamente a guardare. Non so per quale maledetto motivo sulla panchina che volgeva a ovest si erano sedute quindicimila e seicento persone, mentre su quella che volgeva a est solamente settemila e duecentotre persone tra cui Francesco. Naturalmente non si conta chi si è seduto più di una volta perché, in quel caso la panchina che volgeva a sinistra avrebbe sicuramente pareggiato il conto, forse avrebbe anche vinto la sfida.
Vicino alle due panchine, c’erano quattro grandi alberi, quattro grandi alberi della stessa età. Erano stati piantati lì, nel 1948, ma erano gìà nati da tempo, già vivi da un pezzo. Erano quattro aceri che dominavano maestosi la piazza, le panchine verdi, e la fontana grigio acqua.
In primavera c’era sempre una gran confusione di domenica su quella piazza, in quel grande paese.
C’era poi un grande viale che portava alla cattedrale, un viale alberato, sei alberi a est, cinque a ovest. Non c’era la perfezione. Il sesto era stato colpito da un fulmine: si decise di abbatterlo. La legna fu usata per la grande festa di settembre in onore di San Saverio (protettore de paese). Quell’albero era il più bello, quello che aveva più colori.
- È proprio vero, se ne vanno prima sempre i migliori - . Questo era l’unica frase che diceva il vecchio Leo, sempre seduto al bar del centro col suo bicchiere di bianco sempre nella stessa mano, quella destra. -Se ne vanno sempre i migliori-, diceva ogni volta che moriva qualcuno, anche se non lo conosceva. Pensava in cuor suo, ma questo non lo diceva, che in fondo quello peggiore era lui e che sarebbe stato l’ultimo a morire.
C’era un gran trambusto quella domenica di primavera in quella piazza e per quel viale che si fermava giusto in faccia alla cattedrale.
C’era tutto il paese in piazza, era un gran giorno quella domenica di primavera. Elisa era appena uscita di casa.